Adamello – Sperone Ovest
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È il 15 agosto 2019. Lo zaino è pronto e pesa più del solito, così come l’avventura che mi attende. Vado a prendere Fabrizio e insieme saliamo al Rifugio Garibaldi. Durante il cammino si chiacchiera, si ride e si scherza. Tuttavia l’ansia e la concentrazione non accennano ad attenuarsi.
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Il suono della sveglia ci segnala che sono le ore 3.15, mentre la luce che filtra dalla finestra preannuncia che il cielo è sereno.
Facciamo colazione e salutiamo il rifugista, lo straordinario ed insostituibile Dado. E’ un amico e forse anche per questo ci tiene a farmi le ultime raccomandazioni anche se probabilmente sa che non riesco ad ascoltarlo. La mia mente è altrove.
Ci incamminiamo. Il temporale della sera precedente ha reso l’aria frizzante, ma ben presto la fatica non ci farà più pensare al freddo. Attraversiamo la diga del Venerocolo, in breve raggiungiamo il Passo del Lunedì e poco dopo abbandoniamo il sentiero.
Intorno a noi solo la natura selvaggia ed un cielo pieno di stelle.
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Al crepuscolo iniziamo a scorgere in lontananza lo spigolo che andremo a percorrere. Calziamo i ramponi e ci avviciniamo alla base dello spigolo.
Il ghiacciaio nella parte alta presenta grosse crepacciate, ma è meglio non perdere tempo ad aggirarle. Scegliamo pertanto di attaccare la via dalla base, aggiungendo così altri 5 tiri di corda.
Fabrizio mi invita ad ammirare lo spettacolo delle cime infuocate dall’alba sul versante opposto della vallata, ma riesco a malapena a distogliere lo sguardo da ciò che sto per affrontare.
Ci accorgiamo che il temporale non solo ha rinfrescato l’aria ma ahimè anche… la roccia. La vista della neve sicuramente rappresenta una sorpresa non molto gradevole per la mia prima esperienza di arrampicata in Adamello…
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Fabri parte. Questo significa che non sono più consentiti ripensamenti. Da qui non si può tornare indietro.
I primi tiri seppur tecnicamente facili si presentano molto sporchi di detriti e quel leggero strato di neve rende delicati anche i passaggi più comodi che diversamente sembrerebbero banali. Ho le mani completamente ghiacciate e percepisco sempre di più il vuoto sotto di me.
La mattinata scorre, i tiri si susseguono, ma la fatica aumenta e la vetta rimane sempre lontana.
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Pian piano la roccia migliora ed i primi raggi di sole ci scaldano. Tuttavia la tensione non si placa poiché le ore passano inesorabili e siamo in ritardo sulla tabella di marcia.
Solo Fabrizio riesce a trasmettermi tranquillità. Si trova a suo agio, si muove con estrema calma, sale a piccoli passi senza esitazione, conserva la sua innata ed invidiabile pacatezza!
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A pochi tiri dalla fine scorgiamo la croce di vetta. Ancora una manciata di tiri e le difficoltà saranno finite.
L’entusiasmo ora è alle stelle. Davanti a noi compare l’immenso Pian di Neve. E’ una strana sensazione camminare al “piano” dopo 10 ore appesi in parete.
Tocchiamo la croce alle 17. Ora ci attende la lunghissima discesa fino al Put del Guat.
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Questa giornata rimarrà sempre impressa nei miei ricordi per tanti motivi. Innanzitutto per la partenza dal Rifugio Garibaldi, che rappresenta per me il luogo del cuore. Inoltre raggiungere l’Adamello è stato e sarà ogni volta un grande sogno. Scalarlo da questa via mi ha regalato un’immensa soddisfazione. Condividere l’esperienza con Fabrizio Andreoli è stato un enorme privilegio ed un grandissimo onore. I complimenti che merita un eccezionale capocordata come lui non bastano per descriverlo e ringraziarlo.
L’Adamello in questa lunga giornata è stato un maestro e mi ha fatto comprendere che in un ambiente così severo e in determinate circostanze i gradi di difficoltà in arrampicata si possono considerare un fattore secondario, nel senso che l’ambiente stesso, la roccia e le condizioni meterologiche prevalgono sempre.
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